Comunicazioni

Le buone pratiche per un’Agricoltura organica sostenibile

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L’implementazione di un modello di Agricoltura sociale organica cui si rifà l’idea di Comunità che supporta l’agricoltura (Csa) apre alla concreta possibilità di pensare all’applicazione di pratiche agricole e agronomiche eco-compatibili e quindi di coniugare il doveroso rispetto dalla salute dell’ecosistema Terra, da cui deriva in prima istanza la salute dell’uomo, con l’esigenza della produzione di alimenti freschi e naturali da destinare all’uso e consumo della comunità stessa.

Il tipo di Agricoltura di seguito presentata è, per la verità, il risultato di una combinazione di differenti approcci, ideali e pratici, di agricoltura affermatisi nel XX secolo (ma aventi origini ben più datate) nonché dal resumé della nostra esperienza pratica sul campo e di coloro che hanno desiderato convintamente condividere con noi la loro.

La macro-area di riferimento, qualora vi fosse il bisogno di precisarlo, è anzitutto quella della cosiddetta Agricoltura Organica o Biologica. All’interno di essa si sviluppano un insieme di modelli che, talvolta intersecandosi altre ponendosi agli antipodi, hanno contribuito ad estendere considerevolmente il sapere e la coscienza dell’homo faber nella sua primordiale accezione di agricoltore. Abbiamo ritenuto rigidamente limitante porci nelle restrittive e aprioristiche condizioni di attenerci a uno dei suddetti modelli, preferendo invece rubare da ognuno quelle pratiche e principi funzionali al raggiungimento di quello che deve essere, ad oggi, l’obiettivo di coloro i quali si occupano di agricoltura biologica: lavorare al fine del benessere del suolo per garantire un futuro prospero all’ecosistema del Pianeta. Conditio sine qua non è senz’altro il mantenimento e l’accrescimento della fertilità della terra desumibile in prim’ordine (ma non esclusivamente) dalla percentuale di sostanza organica (humus) costituente la sua struttura primaria.

Pur consci del pericolo di ridurre tutto a un mera accozzaglia sloganistica, ci apprestiamo ora a un elenco sommario degli approcci agricoli di nostro interesse, evitando di darne un’anche solo sommaria presentazione e rinviando la presa di coscienza della parte contenutistica alle sezioni seguenti nonché alla bibliografia posta a conclusione del documento:
– Market Gardening
– Permacultura
– Agricoltura biodinamica
– Organic Gardening
– Agricoltura Biointensiva
– Agricoltura Organico-Rigenerativa
– Microfarming

Un passo importante che siamo chiamati a compiere è quello di immaginare un’alternativa solida e concreta a quelli che sono i modelli, tutt’oggi, di riferimento. Un passo, questo, cominciato già a partire dagli anni Settanta quando i padri dell’agricoltura biologica decisero di slegarsi dall’idea, divenuta così imperante e riconosciuta da meritarsi il titolo di “convenzionale”, che, a partire dalla fine della SGM, si era tradotta in un uso insensato e smodato di prodotti chimici di sintesi e nell’abbandono delle buone pratiche agronomiche strumentali al mantenimento della fertilità del suolo coltivato. Se questo è stato uno step epocale non si deve tuttavia credere che il processo di cambiamento sia né ultimato né tantomeno perfezionato.

L’agricoltura di sintesi rappresenta ancora oggi il modello di riferimento nonostante, dati alla mano, negli ultimi due decenni, quella biologica cresca in progressione prepotentemente geometrica. Detto questo, i dati da affrontare sono prioritariamente due: in primis la considerazione che all’interno della stessa agricoltura biologica (che in Italia rappresenta circa il 10% – anche se il dato è lacunoso prendendo esclusivamente in considerazione le aziende dotate di certificazione) vi sono dei divari importanti per quanto riguarda gli standard qualitativi: è complesso porre sullo stesso piano una macro-azienda biologica pseudoindustriale operante all’interno dei grandi canali distributivi con una piccola azienda a conduzione familiare.

In secondo luogo è opportuno considerare che anche all’interno del mondo dell’agricoltura biologico-dinamica si giunge sempre più a non considerare efficaci ed efficienti i mezzi utilizzati al fine di garantire il benessere del suolo: i terreni si depauperano inesorabilmente perdendo sostanza organica e struttura mentre malattie e insetti nocivi proliferano raffigurando sintomaticamente una situazione di grave squilibrio all’interno dell’ecosistema-suolo. I modelli di riferimento, attraverso gli studi applicativi degli autori che hanno contribuito alla loro formulazione, ci forniscono alternative e pratiche valide (sempre e comunque in costante updating) sui cui Lavorazione e Preparazione della Terra

Il minimum tillage (letteralmente “lavorazione minima” del suolo) vuole essere il nostro primario orizzonte di riferimento. Ciò esclude in misura sostanziale l’utilizzo di grandi macchinari motorizzati sul terreno con particolare riferimento a trattori e macchine annesse. Come il mondo permaculturale, dell’agricoltura naturale e dell’organic gardening ci hanno trasmesso, il suolo è ben lungi dall’essere quell’ambiente neutro ed inerte che funge solo da “contenitore” per la vegetazione: esso è invece la più vivida e popolosa fonte di vitalità, alimentata da innumerevoli organismi che contribuiscono e cooperano in maniera incredibile alla sua continua rigenerazione (funghi, mondo microbiota – microrganismi e batteri -, lombrichi, insetti etc.). In quest’ottica la collaborazione con gli esseri vegetali è di carattere meramente simbiotica: essi necessitano certamente di un luogo dove prosperare (e quindi ricercare gli elementi nutritivi) e riprodurre la propria specie ma al contempo l’ecosistema-terra li “usa” per mantenere il suolo attivo e florido evitando, così come avvenuto negli ambienti desertici (dove l’impronta dell’uomo è stata comunque malauguratamente importante), che la propria superfice si inaridisca ed eroda lasciata alla mercé dei fenomeni atmosferici.

Detto dunque della densa e prosperosa vitalità del suolo, è opportuno considerare che essa si svolge in strati ben determinati: l’azione dei grandi macchinari rovescia e destruttura questi strati costringendo il suolo a un continuo e drammatico inseguimento di un proprio equilibrio. S’immagini un ipotetico “cervello” di questo ecosistema-terra che è continuamente e strenuamente chiamato a fronteggiare momenti di assoluto panico prima con il capovolgimento della sua struttura e poi con la constatazione, potenzialmente fatale, della nudità della propria superficie, improvvisamente rimasta spoglia ed esposta alle peggiori conseguenze. A farne le spese è quindi la vita dello stesso suolo ma anche quella dell’uomo che vede così i propri terreni perdere inesorabilmente in fertilità e struttura.

Tuttavia la visione di un minimum tillage alla quale tendiamo non esclude definitivamente l’utilizzo, razionale e rispettoso, di piccoli strumenti meccanici motorizzati e in particolare di un motocoltivatore, seppur in una visione di medio termine debba essere destinato anch’esso a un graduale abbandono. Nella fase di preparazione del terreno esso contribuisce anzitutto nella formazione dei letti rialzati permanenti di semina e trapianti, sesti d’impianto, questi ultimi, fondamentali in un’ottica di agricoltura intensiva ad alta resa produttiva e di non calpestamento del suolo. Ciò avviene tramite uno strumento, connesso allo stesso motocoltivatore, chiamato “groundblaster” (o aratro rotativo): il lavoro da esso espletato è sostanzialmente di trasferire la terra che vi è nei camminamenti (cioè negli spazi tra i letti) sui letti stessi e creare così materialmente i “bauli” (molto più facile a farsi o vedersi che a dirsi: si veda dunque il link-video posto alla fine del presente documento) senza alterare gli strati del suolo.

Prima o dopo questo passaggio (a seconda della preferenza di ogni agricoltore) si procede al precipuo spargimento del compost e allo scioglimento del terreno per mezzo di una grelinette (o broadfork) classica o rotativa, uno strumento manuale che, similarmente a una forca, smuove il terreno (ancora una volta: senza alterarne la struttura) e semi-interra (quella “rotativa”) il compost sparso in superficie. E’ opportuno osservare che alcuni, sempre in un contesto di “lavorazione minima”, optano per un ultimo passaggio, assolutamente superficiale (primi 5 cm), di fresa (sempre attaccata al motocoltivatore) per interrare più efficacemente il compost. Un’attività, questa, che può anche dirsi utile per l’interramento superficiale di una coltura (seminativo, sovescio etc.) che predilige una semina a spaglio e non in file.

E così, dopo un rapido passaggio con il rastrello e alla predisposizione delle alette gocciolanti, ecco che il nostro letto è pronto alla semina o al trapianto!

Concimazione e attività correlate per la stimolazione dell’attività microbiotica del suolo
Abbiamo inizialmente introdotto due esigenze fondamentali. La prima riguardava il mantenimento/accrescimento della fertilità del suolo, l’altra la necessità di un’agricoltura intensiva e di produzione. Sfatiamo fin da subito quella che potrebbe essere una prima fonte di incomprensione: cosa intendiamo per agricoltura intensiva. Il metodo Biointensivo e la sua applicazione nelle esperienze di micro-farming ben ci hanno illuminato su come le rese produttive solitamente attribuibili all’agricoltura classica (convenzionale e biologica) siano potenzialmente suscettibili di un forte incremento se applicate le giuste pratiche. Notiamo ad esempio che, spesso, l’agricoltura classica adatta i propri sesti d’impianto (le distanze fra pianta-pianta sulla fila e tra le file) in base ai propri macchinari, praticando quindi un’agricoltura fondamentalmente estensiva con basse rese e, di conseguenze, elevate superfici coltivate.

Tuttavia l’arduo obiettivo di un agricoltura intensiva e ad alta resa produttiva è inscindibilmente legata a una componente, o forse sarebbe meglio dire “la” componente, fondamentale del nostro approccio: il compost. L’applicazione ragionata di compost è ciò che meglio ci coadiuva nel nostro obiettivo di rigenerazione prima, mantenimento e arricchimento poi, di sostanza organica e macro-elementi nel suolo. Vi sono diverse tecniche di predisposizione di un cumulo. La prima, più “artificiosa”, consiste nella predisposizione di pile o cumuli (h=1.50 mt, l=2 mt) che, ultimati i quattro fondamentali processi di decomposizione, porteranno alla creazione di humus. Materie prime dei nostri compost potranno essere dal più comune letame (bovino, equino, pollina) fino agli scarti vegetali/domestici. Secondo alcuni il mix (in stato “fresco”) di entrambi porta ai migliori risultati in termini di concentrazione dei macronutrienti.

Il processo di decomposizione di questi cumuli può inoltre essere migliorato e accelerato attraverso degli attivatori del compostaggio (e quindi stimolanti dell’attività microbiotica) come suggerito dall’Agricoltura Biodinamica (vedi i 6 preparati da cumulo suggeriti da R. Steiner) e dagli studiosi dell’Agricoltura organico-Rigenerativa (attraverso fitostimolanti a base di microrganismi effettivi e fermentazioni). Un’altra soluzione, tutta da valutare e capire, può essere quella di rivolgersi ai compostatori comunali i quali possono fornire del prodotto compostato in grandi quantità. I dubbi più grandi riguardano i costi e, soprattutto, la potenziale presenza di residue sostanze non gradite (metalli pesanti, urina e feci umane etc.) all’interno del prodotto finito.

Le esperienze del micro-farming sembrano avere insegnato che data una limitata superficie di terra, essa renderà tanto di più quanto compost, e quindi sostanza organica, vi sarà apportata. E’ così che aziende di piccole dimensioni, immettendo le stesse quantità, in assoluto, di compost, di grandi realtà riescono ad avere raccolti, alla lunga, anche più produttivi ed elevati (in assoluto e non in proporzione). La seconda tecnica, più similarmente a quanto avviene in natura, è il cosiddetto “sheet composting” o compostaggio di superficie. Tautologicamente, esso consiste nel lasciare i residui delle coltivazione (o degli sfalci d’erba) direttamente sul letto permanente. Una soluzione che potrebbe però essere poco proponibile in casi (come il nostro) in cui la limitata disponibilità di terreno ci sottopone al mantenimento di ritmi rigidi di alternanza colturale non consentendo di “attendere” la decomposizione in loco .

Quest’ultima opzione può essere in realtà in forte connessione con un altro importante tassello del nostro approccio: il sovescio. Trattasi di varietà di piante (soprattutto leguminose, ma non solo, per la loro simbiosi con i tubercoli radicali) seminate non per trarne un raccolto ma al solo fine di rigenerazione e fertilizzazione del terreno. Una volta avente sviluppato un’adeguata massa vegetale e in prossimità della fioritura, si procede alla sua trinciatura (sminuzzamento, svolto con una piccola ma solida trincia attaccata al motocoltivatore). Successivamente si deciderà se interrare la massa vegetale (con un leggero e superficiale passaggio di fresa) a scopi fertilizzanti e/o biofumiganti o, nel caso di sovesci seminati in fine estate e trinciati metà autunno, lasciare i resti (magari sminuzzati più grossolanamente) sul terreno per fine di anti-lisciviazione. Proprio quest’ultima soluzione (con miscugli di Avena, Veccia e Pisello proteico seminati in Agosto e trinciati in Ottobre) ci sembra la più funzionale: sovescio in periodi di alta stagione (da Marzo ad Agosto) implicherebbero il sacrificio di aree sottratte alla coltivazione.

Altre due tecniche similari, ma che ci sembrano di non facile applicabilità (soprattutto nel campo della produzione di ortaggi), sono il “cover crops” e “l’intercrops”. Esse concernono la semina, a posteriori o contestuali, di varietà, come ad esempio il trifoglio nano, che assicurano una copertura del suolo (con i tutti vantaggi che ne derivano per terra e piante) e una fertilizzazione delle piante cui sono accompagnate, tramite, ad esempio, il rilascio di azoto atmosferico sintetizzato dai suddetti tubercoli radicali delle leguminose. Sarà tuttavia necessario capire la reale competitività di queste varietà con le infestanti e la loro coesistenza con le colture da produzione (in modo tale da non danneggiarle/soffocarle etc.)

Nel campo della stimolazione dell’attività microbiotica del suolo, due opzioni tra le più rilevanti giungono infine dall’Agricoltura Biodinamica e da quella Organico-Rigenerativa. La prima opera attraverso la predisposizione di Preparati biodinamici. Quelli sopra citati sono definiti “da inoculo” o “da cumulo” mentre quelli che agiscono come stimolanti dell’attività del terreno (Preparato Cornoletame o 500) e della qualità esteticoorganolettica (fitostimolanti) delle piante (Preparato Cornosilice o 501) sono i Preparati da spruzzo.

L’Agricoltura O-R si propone invece di effettuare questa stimolazione tramite miscugli di prodotti portati a fermentazione (es. bokashi) e poi utilizzati come veri e propri starter dell’attività microbiotica in cumuli e terreni.

Controllo dell’erba
E’ questo un punto catartico: non prevedere un piano ragionato per il controllo delle erbe spontaneo sarebbe un grave errore. Pur sottolineando la loro posizione fondamentale all’interno dell’ecosistema, non possiamo rischiare che il diserbo manuale che richiederebbe una sottovalutazione iniziale, possa rischiare di farci “perdere il ritmo” e mettere alle corde noi e le nostre colture. Se valutiamo il cover crops come realmente poco efficace e/o funzionale, una più che valida alternativa è rappresentata dal telo pacciamante. Evitando di citare l’inflazionata similitudine con quanto avviene negli ecosistemi boschivi, la pacciamatura, e quindi la copertura del terreno, rappresenta una componente talvolta indispensabile. Essa per la verità risponde non solo a scopi di gestione delle malerbe (o come qualcuno le ha definite, più romanticamente, “commensali”) ma adempie numerose funzioni come, tra l’altro, la copertura del terreno dal dilavamento e il mantenimento dell’umidità. Plaudita per le sue funzioni, rimane da capire a che tipo di pacciamatura affidarsi. Le possibilità sono innumerevoli, tutte con pro e contro:

– pacciamatura in film plastico: da 6 metri (per 3-4 letti) o 1 metro (un letto) in larghezza. La prima si è rivelata utile e ideale per la coltivazione di fragole, i cui frutti sono fortemente sensibili, una volta toccata la terra nuda, a marciumi e deperimento. Offre senz’altro un controllo efficace dell’erba (ma non completo: va osservato che ogni tipo di pacciamatura qui elencata non consentirà di eliminare tout court il problema-erba ma solo di contenerlo) ma può portare, alla lunga, a una scarsa ossigenazione del suolo e, utilizzati all’interno di tunnel freddi, causa un importante depauperamento della sostanza organica causata dalle alte temperature (che inibiscono la vita del terreno). La pacciamatura in film plastico da un metro permette di controbilanciare questo lato negativo rappresentando un’ottima opzione di compromesso.

– pacciamatura in mater- bi: può dimostrarsi utile in colture a ciclo breve ed è senz’altro più “green” della precedente in film plastico (che ha però il vantaggio di durare nel tempo, se ben conservata e trattata). Il contro è riguardo alla breve durata (causa decomposizione) che la rende inefficace con colture a ciclo medio-lungo (solanacee, liliacee, cucurbitacee etc.).

– pacciamatura naturale (paglia, cippato/truciolato, fieno): è, in termini ideali, senza dubbio la scelta migliore. Tuttavia i possibili svantaggi sono notevoli.

Per quanto concerne paglia e fieno anzitutto la disponibilità di tali materie prime di qualità (e quindi non precedentemente trattate con fitosanitari di origine chimica) è piuttosto limitata e quando vi è, il costo può essere , a ragione, importante. Se vi è invece la possibilità di un autoproduzione occorre analizzare l’annosa questione-lumache.

In certe aree la pacciamatura in paglia (soprattutto se abbinata a colture a foglia come insalate, coste, cavoli etc.) ha rappresentato il nido microclimatico ideale per le lumache e la perdita pressoché totale dei raccolti. Infine paglia e, soprattutto, fieno mantengono la presenza di semi di erbe infestanti al loro interno che sarebbe sgradito portare sul campo. Per quanto concerne il cippato esso andrebbe “dosato”: un suo utilizzo importante (soprattutto se derivante da alcune specie arboree) può portare a un inacidimento del suolo. La funzione espletata in senso di limitazione delle infestanti si dimostra anch’essa temporanea se non costantemente “rimpolpata”. Inoltre vale quanto detto sopra sia per il costo che per il problema-lumache. In conclusione, per quanto concerne la questione pacciamatura, la proposta è un utilizzo massivo, per gli ortaggi, di pacciamatura in film plastico coadiuvata (opzionalmente) da una parte a mater-bi. La pacciamatura naturale andrebbe invece provata in senso sperimentale e valutati i risultati. Un buona combinazione può essere rappresentata da film plastico/mate-bi sui letti e (capito il problema lumache) paglia/cippato nei camminamenti a copertura. Quest’ultima proposta valida anche per la coltivazione di fragole che pure hanno dimostrato trovarsi a loro agio con la pacciamatura da sei metri.

Anticipare ed estendere le stagioni
In Agricoltura, e in un progetto di Csa a maggior ragione, l’esigenza di offrire ortaggi per un tempo il più prolungato possibile è un obiettivo interessante. In questo senso due sono le tecniche più valide: l’utilizzo di teli in tessuto non tessuto (tnt) e l’installazione di tunnel freddi. La prima è semplicemente fondamentale; difficile pensare a un investimento migliore dei teli in tnt: pur lasciando passare l’aria, essi sono in grado di incrementare la temperatura sotto di loro di anche tre gradi centigradi e, al contempo, di proteggere dalle ultime (o prime) ondate di gelo. La predisposizione di tunnel (rigorosamente freddi) e una scelta ancora più performante. Oltre all’ampliamento della stagionalità non è poi da sottovalutare la sua azione anti-grandine. La scelta dovrebbe cadere in senso prioritario verso l’installazione di tunnel mobili a piedi fissi. Questo per ragioni di funzionalità ma, soprattutto, per aggirare la tendenza (rischio pericoloso in caso di tunnel fissi) di un impoverimento del suolo al di sotto di essi. Se non vi saranno invece possibilità di agire (completamente) in tal senso e si opterà per quelli fissi bisognerà avere la lungimiranza di prevedere dei piani di concimazione adeguati (spargimento di dose di compost anche 5 volte superiori al pieno campo) al mantenimento di fertilità e struttura.

Link video funzionamento groundblaster (dal minuto 3.20):
https://www.youtube.com/watch?v=2tOiMR_HNwA

Bibliografia essenziale

Agricoltura Biodinamica
– Wistinghausen – Agricoltura biodinamica
– Koepf-Schaumann – L’orto biodinamico
– Masson – Manuale pratico di AB
– Pistis – Coltivare con l’AB
– Fond. Le Madri – Guida all’AB
– Wistinghausen – Leguminose
– Pfeiffer – La fertilità della terra
– Pfeiffer – Il trattamento biodinamico delle piante da frutto
– Coquet – Coltivare con il cippato
– Martin – Fare il compost
– Maria Thun – Orto e giardino per la salute del corpo e dello spirito
– Maria Thun – Calendario delle semine
– Maria Thun – Indicazione sullo studio delle costellazioni
– Kolisko – Agricoltura del domani
– Wistinghausen – Guida allestimento dei preparati
– Pfeiffer – Individualità Agricola
– Steiner – Le Api
– Steiner – Impulsi scientifico-spirituali per il progresso dell’Agricoltura
– Pfeiffer – Cosa raccontano le erbe infestanti

Permacultura/Agricoltura Naturale
– Mollison – Introduzione alla Permacultura
– Holzer – Guida pratica alla Permacultura
– Whitefield – Permaculture in a nutshell
– Whitefield – How to make a forest garden
– HEmensway – Gaia’s Garden
– Hazelip – Agricoltura sinergica
– Fukuola – The one-straw revolution
– Fukuoka – The natural way of farming
– Phillips – Mycorrhizal Planet
– Dupety – L’orto senz’acqua

Market Gardening/Organic Gardening/Biointensive/Microfarming
– Coleman – The new organic grower
– Coleman – The four season farm gardener’s guidebook
– Coleman – The winter harvest handbook
– Coleman – Four season harvest
– Fortier – The Market Gardener
– Dawling – Sustainable market farming
– Mefferd – The Greenhouse and Hoophouse Grower’s Handbook
– Herve-Gruyer – Miraculous Abundance
– Dave – Edible forest gardens – Microfarming for profit: from Garden to Glory
– Jeavons – How to grow more vegetables in less space
– Dowding – Organic gardening

Agricoltura O-R
– L’ABC dell’Agricoltura O-R – Ong Deafal
– Manuale di campo – Ong Deafal
– Katz – The art of fermentation

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